E voi la conoscete la Lavanderia Vecchia di Berlino?
La storia della Lavanderia Vecchia, ristorante italiano aperto nel 2009 nel cuore di Neukölln (quartiere a sud del centro città di Berlino), contiene al suo interno almeno altre due storie: quella del titolare Andreas Hoffmann e quella dell’executive chef Andrea Angelino, dal 2014 a capo della brigata composta dai cuochi Federico Soggia, direttamente dalla Sardegna, e Jacopo Camilli, di origini umbre. Questo è il resoconto di un venerdì sera qualunque di gennaio, in cui ho avuto il piacere di passare del tempo a chiacchierare con loro, tra piatti semplicemente favolosi, bicchierini di Averna, luci soffuse e l’intero album Abbey Road dei Beatles suonato al giradischi.
È dall’estate 2014 che il nome Lavanderia Vecchia ha cominciato a essermi familiare: quando un po’ per caso, in un caffè francese di Leinestrasse in cui lavoravo come barista, ho conosciuto lo chef Andrea Angelino – romano di nascita, infanzia parigina e uno spirito avventuriero e cosmopolita sempre sull’attenti. Alla Lavanderia Vecchia hanno poi lavorato almeno un paio di miei amici, e tutti, nessuno escluso, ne decantavano le qualità. Inoltre, in un altro contesto, durante una cena pop-up ho avuto l’occasione di apprezzare i deliziosi Pink Burger di Andrea, fatti con sofficissimi bun alla barbabietola. Così, insomma, quando mi è stato chiesto di scovare i migliori ristoranti italiani di Berlino per Quisine, gli ho scritto subito per chiedergli se gli andasse di fare quattro chiacchiere, e lui che ha fatto? Mi ha invitato a cena allo chef’s table, prenotando per due: lui e io. Non potevo chiedere di meglio.
Una performance gastronomica
“Ci vediamo alle 19:30”, mi ha scritto. Tutti gli ospiti arrivano a quest’ora come per assistere a una performance. E questo paragone non è casuale, perché sia per la location che per il servizio una cena alla Lavanderia Vecchia ha innegabilmente un che di performativo. Il ristorante si trova all’interno di un tipico hinterhof di Neukölln, dove appunto, come mi racconta Andreas Hoffmann, sorgeva fino al 2009 una lavanderia industriale. Seguo la strada segnata da graffiti e suggestive luci al neon fino a raggiungere l’ingresso del ristorante, dove varcata la soglia scopro una scenografia che riporta alla mente una piazza del centro Italia ma dai colori steam punk, con panni stesi, un angolo bar che ricorda un circolino di paese e la cucina a vista.
Andrea Angelino mi accoglie, mentre gli attori di questa performance che durerà circa un’ora e mezza sono già all’opera. Due cameriere dispongono su ogni tavolo focaccia fatta in casa, un piccolo piattino con dell’olio extravergine di oliva, acqua e vino. Il cuoco Federico Soggia – anche se qui tutti lo chiamano Frank – sta invece impiattando il primo dei cinque antipasti previsti di un menu che si rinnova ogni quindici giorni: Ostrica con caramello all’aceto, lampone e scalogno – una delle migliori portate della serata. Tutto questo accade mentre Andrea mi racconta un po’ di cose. Ad esempio, che la sua cucina punta alla tradizione italiana con particolare attenzione verso le ricette più casalinghe, “della nonna” insomma, spesso cercando di renderle protagoniste di un dialogo tra regioni, da nord a sud, come appare chiaro con il quarto antipasto: Crema di ceci e ‘nduja calabrese con baccalà mantecato alla vicentina – ottimo davvero, anche se a voler fare i pignoli quest’ultimo mancava di un po’ di cremosità e morbidezza.
Cucina italiana e prodotti biologici
Fin da subito è chiaro che Andrea ha a cuore le ricette di casa – tra le altre cose butta lì che ha in programma di svegliarsi presto il giorno dopo per cucinare una romanissima coda alla vaccinara come special guest sulla lavagnetta del pranzo. Già, perché il pranzo alla Lavanderia Vecchia può essere in versione à la carte o a scelta tra 3 menu, dove spiccano zuppe di legumi lasciati a bagno per 48 ore, che da tempo si stanno guadagnando un posticino nel cuore dei vegani del quartiere; ma sulla stessa lavagnetta si trovano anche risotti, fettuccine fatte in casa e uno dei signature dish di Andrea: il gazpacho in tutte le sue forme e possibilità eseguito ispirandosi all’approccio dello chef andaluso Dani García.
Chiedo ad Andrea da dove arrivano i prodotti che danno vita alle sue ricette. La risposta è pronta e dettagliatissima: “La carne viene dal Brandeburgo, il pesce dal distributore Martin, mentre per quanto riguarda i prodotti italiani (come la burrata delle Fettuccine con pomorori confit e salsa al basilico), quelli arrivano da fornitori della Costiera Amalfitana e della Sardegna. Il caffè è rigorosamente Lavazza. Poi pasta, pane e focaccia sono fatti in casa, mentre i dessert vengono realizzati da due maestri pasticceri: uno francese e uno italiano”.
Un menu che si rinnova ogni 15 giorni
Le informazioni sono tante e dalle parole di Andrea traspare una passione per la cucina senza fronzoli, dritta al punto, focalizzata sulla qualità delle materie prime e una ricerca continua che permetta di valorizzarle al meglio. Mi racconta che solitamente nel mese di marzo si prende un paio di settimane di pausa per scrivere i menu per i succesivi mesi: come si va a non vedere in tutto questo un modo di fare artistico? E intanto, mentre chiacchieriamo si avvicendano sul tavolo la celestiale (è il caso di dirlo) Bruschetta con scamorza affumicata e salsa di pere al porto e l’avvolgente Zuppa di barbabietola, dragoncello e cren, che apre le danze ai primi piatti tra cui spicca il Risotto gamberi, zenzero e finocchio. Ma è con il secondo che questa esperienza per me tocca l’apice: Coda di rospo su crema di carciofi, un piatto che è una delicatissima esplosione di sapori.
L’unica nota negativa – perché in fondo, si sa, nulla è perfetto – riguarda il vino bianco: compreso nel prezzo del menu (65 euro a persona), non risulta essere all’altezza dei piatti che dovrebbe accompagnare e sostenere organoletticamente. Sì, vi è la possibilità di ordinare una bottiglia a scelta da una breve carta dei vini, ma questo gonfierebbe esageratamente il prezzo della serata. Peccato.
Infine, arrivano le note morbide della Panna cotta ai mirtilli fermentati e salsa di frutti rossi, e come ultimo regalo Andrea mi permette di assaggiare, fuori menu, una crema chantilly alle pere caramellate che è un capolavoro di pasticceria. Ed è a questo punto che lo spettacolo volge alla fine: gli ospiti sono invitati ad avvicinarsi al bancone del bar per un ottimo espresso Lavazza con amaro a scelta, e per un attimo sembra davvero di stare in Italia.
Mentre sorseggiamo un Averna, Andreas Hoffmann ci raggiunge e ci invita a seguirlo nella sala fumatori: una piacevolissima stanza dalle luci soffuse, con poltroncine in pelle, un pianoforte, un giradischi e appunto Abbey Road dei Beatles. Qui, altri aneddoti cominciano a inseguirsi intrecciando vicende che raccontano della Neukölln degli anni Ottanta, prima delle caduta del muro, e di come il quartiere si sia trasformato e continui a farlo, mentre la Lavanderia Vecchia sta lì, senza mollare, diventando costante nella scena gastronomica della zona e segnando la strada a chi vuole intraprendere l’ardua impresa di proporre la cucina italiana, quella vera, all’estero.
Lavanderia Vecchia, Flughafenstraße 46, 12053 Berlin. Aperto tutti i giorni dalle 12:00 alle 15:00 e dalle 19:30 alle 23:00, domenica chiuso. Prezzo: pranzo menu a scelta da 12 o 16 euro, cena menu fisso da 65 euro. Sito web: lavanderiavecchia.wordpress.com